Che c’è di male?

15 novembre 2011 § Lascia un commento

Sabato sera abbiamo festeggiato tutti, ed è inutile che ci nascondiamo dietro il ditino pigro dei benpensanti. Abbiamo festeggiato perché questo è il paese delle tifoserie contrapposte, fin da quando intorno al Circo Massimo si contrapponevano squadre di irriducibili che se la suonavano cordialmente. È il paese dei capitani di ventura, di quelli che assoldavano poveri malcapitati per mettersi al soldo di qualunque potenza disponibile a spenderli per un pezzo di terra peninsulare. È il paese delle signorie inconsistenti, sempre pronte a far passare gli eserciti lanzichenecchi di Georg fon Frundsberg pur di conquistare un quarto di nobilità agli occhi dell’imperatore. È il paese in cui, simpaticamente, i lombardi vincitori sul Barbarossa si divertirono a smontare pietra su pietra la povera Lodi rea di aver dato l’appoggio al tedesco.

Chi piange oggi le risa sguaiate ai danni di Berlusconi, dimentica la morte in effige riservata a Prodi nel corso delle manifestazioni del “Partito dell’Amore”. Dimentica le tonnellate di fango cosparse sui Fini e sui Boffo dai giornali del padrone.

E poi, che c’è di male? Rallegrarsi per la fine di un regime infame, tenuto su a forza di giornalisti comprati, parlamentari di terza classe, ballerine e nani sempre pronti a cambiare non solo bandiera, ma anche i propri principi morali, pur di far piacere al Principe (pensate al Ferrara difensore della vita contro l’aborto e a quello difensore delle puttane contro il moralismo dei giornalisti di sinistra) è giusto. Cosa c’era di male a pensare, sabato sera, almeno fino alla riapertura delle Borse, che forse si era aperta una finestra che lasciava filtrare un po’ di aria fresca. Che c’è di male a pensare che un’altro Paese è possibile e che deve ripartire da un consenso più ampio, liberato da una zavorra indecente, fatta di affari privati e pubblico meretricio?

Ovviamente non basterà. E non sarà la serata di sabato a far cadere Berlusconi. Ma, di sicuro, la sua partenza momentanea ha allentato la tensione di un paese nel quale l’attaccamento del Cavaliere alla poltrona esercitava una violenza ben più forte di quattro scalmanati in piazza. Una violenza sorda, la violenza di chi non da prospettive a nessun altro se non a se stesso.

E così Berlusconi se ne va…

9 novembre 2011 § Lascia un commento

O almeno così pare. E tutte le volte che lo fa, anche in passato è stato così, lo fa quando la macchina è ormai senza benzina, è passata in riserva, e il benzinaio e parecchio lontano. Così, chiunque lo segua dovrà scendere e spingere, facendosi carico sia del disonore che della fatica.

Nel frattempo Lui si sarà preparato un salvacondotto, un colpo di coda ben assestato, una via di uscita per salvare patrimonio di famiglia, influenza politica, potere ed incolumità dalla magistratura. No. Berlusconi non è il male assoluto. E’ solo la cartina di tornasole di un paese decisamente arrivato al capolinea, un paese nel quale, come nel medioevo, chi dissente è un traditore, chi contesta va direttamente al rogo senza processo e con una buona dose di tortura mediatica.

Adesso si apre la partita del “io sono sempre stato contro…”. Se e quando si farà da parte, come le lumache dopo una pioggerellina primaverile, usciranno allo scoperto quanti per anni lo hanno appoggiato e spalleggiato, usciranno e diranno che loro gliel’avevano detto, consigliato, scongiurato… che, no, nemmeno loro lo sopportavano più. E come accadde alla fine del Fascismo, ci ritroveremo le solite facce da stronzi sulle solite poltrone, e non cambierà mai nulla.

Adesso una parte del paese da addosso all’opposizione. Come se ci si potesse accanire contro un poveraccio in sedia a rotelle che ha giocato per anni contro Pelé. Si dice: “rifacciamo la legge elettorale”… sì, e poi anche quella sul conflitto di interessi, e qualche buona norma anti trust.

Forse riusciremo a trovare un paese normale sotto la marea di merda che ci hanno spalato sopra fino ad ora.

P.s.: scrivo questo post per scaramanzia… tanto non se ne va!!!

La trappola del governo

3 novembre 2011 § Lascia un commento

Ieri sera (3 nov. 2011) il governo si è riunito per varare le misure richieste dall’Europa. E come al solito ha deciso di non decidere. Solite parole al vento, promesse annunciate, dietro front sulle misure più impopolari. E, soprattutto, un tatticismo che rivela, per l’ennesima volta, la mancanza di senso dello Stato della maggioranza.

Quante volte il governo è andato avanti a colpi di decreti? E quante volte ha chiesto la fiducia? Ogni volta che il governo ha voluto tirare dritto ha scelto l’atto di imperio (sulle intercettazioni, sulle leggi ad personam, sulla giustizia, su tutti i provvedimenti di interesse del premier). Stavolta no!

Stavolta si ricorre ad un maxiemendamento alla legge finanziaria (Legge di Stabilità… quale!?!). E così si prepara il trappolone per l’opposizione:

  • se l’opposizione contribuisce con responsabilità e la vota, al momento delle elezioni Berlusconi potrà dire che non è il solo responsabile delle politiche di lacrime e sangue
  • se l’opposizione non la vota Berlusconi potrà affermare che non è lui che si è attardato, o la sua maggioranza, ma sono stati gli altri a mettergli i bastoni tra le ruote

Inoltre, impantanando un provvedimento del genere in Parlamento, potrà sempre dire che “no… in Italia il Governo non conta niente, sono le lungaggini del Parlamento a bloccare il paese e a metterlo in scacco”.

Come al solito la miope prospettiva elettorale ha prevalso sulla necessità di assumersi delle responsabilità, di governare. Berlusconi non può permettersi di pedere, perché se succedesse una cosa del genere dovrebbe rispondere di fronte alla legge come normale cittadino, e i suoi problemi personale sono di gran lunga più importanti della salvezza della nazione.

Una volta di più, abbiamo la dimostrazione del perché quest’uomo ha scelto di entrare in Politica. Che tristezza!

Pensieri in onore di un Gheddafi di meno…

21 ottobre 2011 § Lascia un commento

Strano come i dittatori si trasformini all’approssimarsi della morte. Prima tronfi e pieni di sè, poi timidi, pavidi, impauriti da quello che gli accade attorno e che non sanno e non possono governare.

Ieri Gheddafi si è nascosto in un cunicolo. Dopo aver vissuto per anni come il leone in mezzo al branco, ieri si è andato a nascondere come il topo, come aveva fatto il suo omologo iracheno.

Quando stavano per sparagli, come una mammolina ha ululato “cosa vi ho fatto!?!”… come quelli che accusati dicono “Chi!?… Io…”… E questo dopo aver interpretato per anni la figura del padre della patria, quello senza il quale non si muove foglia, non accade nulla.

Prima di morire era scappato. Ci si ricorda tutti che anche il Nostro si era infilato nel ridotto della Valtellina. In anonimato. Prima era il centro della nazione. Dopo non trova spazio nemmeno nelle sue estreme periferie.

Scappando si è nascosto. Quasi mimetizzato. Strano destino quello di chi vive e profitta della propria immagine e poi, nel momento del bisogno, si camuffa, oppresso proprio dalla propria immagine.

Adesso inizieranno i piagnistei dei benpensanti, di quelli che diranno che non bisognava ucciderlo, che occorreva processarlo. Dovrebbero spiegarlo a quelli che in guerra hanno perso gli amici e i fratelli… per tutti morti di una guerra, di una dittatura, di una tirannia non c’è, di solito, nemmeno una lacrima, mentre pretenderemmo per il dittatore una presunta, vomitevole ed inutile pietà postuma.

Roma 15 Ottobre 2011 : violenze, black block e polizia

18 ottobre 2011 § 2 commenti

Premetto che non sono un dietrologo. La dietrologia è la consolazione di chi non si vuole convincere che la mente umana è malata ed è in grado di arrivare a tutto e di produrre qualunque follia.

Però mi son permesso di mettere in chiaro quello che è successo sabato 15 ottobre a Roma tra Black Block e Forze dell’ordine. E come al solito ci sono cose che non capisco e che non riesco ad accettare.

Per iniziare ho prodotto una mappa degli eventi, minuto per minuto, per capire come si sono svolti i fatti. Potete aprirla cliccando sull’immagine o a questo link.

Guardando la mappa vengono fuori alcune domande importanti:

  1. La prima violenza è delle 14:30 (ai danni di alcuni giornalisti Sky), alle 14:37 si ripetono, questa volta contro cose e attività commerciali trovati lungo il percorso; a questo punto gli interventi sul corteo sarebbero stati possibili su diversi punti: da via Giovanni Lanza, da Via degli Annibaldi, da Via dei Fori Imperiali, su Piazza del Colosseo, da Via dei Normanni. Tutte vie abbastanza larghe per intervenire in fretta, tutte raggiungibili senza dover attraversare il corteo. Perché non si interviene?
  2. Il primo intervento serio delle forze dell’ordine si ha alle 16:21, ben due ore dopo l’inizio delle violenze. Perché così tardi?
  3. L’intervento si ha all’incrocio tra Via Merulana e Viale Manzoni, l’unico punto dal quale qualunque violento avrebbe avuto una valida alternativa per arrivare comunque verso piazza San Giovanni (a destra su Via Merulana, sfondando, dritto, su Viale Manzoni). Tant’è vero che quando i Black Block sfondano a Viale Manzoni trovano già i loro colleghi ingaggiati in piazza. Perché proprio lì?
  4. Il primo blocco delle forze dell’ordine non ha successo (quello su Viale Manzoni). Come fanno 500 Black Block a sfondare la linea formata da 1500 agenti di polizia?
  5. Arrivati all’incrocio tra via Merulana e via Emanuele Filiberto la strada diventa particolarmente larga per un intervento in forze, in quel punto si potevano isolare i violenti spingendoli verso Piazza Vittorio (se non caricarli tutti sui cellulari) o verso Viale Manzoni. Invece in quel punto si ha, alle 16.30, quando già lo scontro era aperto, un lancio di lacrimogeni che spinge i manifestanti verso Piazza San Giovanni dove erano già iniziati i tafferugli. Viale Emanuele Filiberto sarà bloccata solo mezz’ora dopo, alle 17:15. Perché questo ritardo?
  6. In Piazza San Giovanni, alla stessa ora (16:30), la situazione è questa (vista in diretta su Rai News24): le forze dell’ordine sono ferme lato Via Carlo Felice. La maggior parte degli uomini si protegge dietro i blindati. Nel frattempo in piazza girano vorticosamente un paio di camionette che tentano di allontanare il blocco nero: inutilmente. Senza resistenza attiva i rivoltosi caricano continuamente, fino ad arrivare a fare un attacco concentrico, alle 17:35. Per un’ora e mezza la polizia non esce dai ranghi. Lo farà solo alle 17:59 in maniera scomposta (perderà un blindato alle 18:12). Nel frattempo la piazza è in delirio. Perchè tanta attesa? Perché attendere 2 ore e mezza per uscire allo scoperto?

Queste sono solo alcune delle domande che vengono fuori analizzando la cronistoria della giornata. Non mi sono volutamente occupato della parte restante del corteo, perché la violenza ha cancellato la freschezza e la compattezza del movimento.

Sono giorni che parliamo di “Roma messa a ferro e fuoco”, ma è evidente che il quadrante delle operazioni è stato piccolo e che, con un po’ di buon senso, si sarebbe potuto evitare tutto.

No alla legge bavaglio

30 settembre 2011 § Lascia un commento

E se questa legge Bavaglio riguardasse anche me!?! Quando inizi a scrivere un blog lo fai perché ogni tanto ti rode e vuoi esprimerti in qualche modo, anche se non importa a nessuno, anche se non ti legge nessuno. Parli ad una platea immaginaria come fanno i bimbi quando parlano da soli (perché tutti sono un po’ matti, alla fine).

Adesso devo iniziare a preoccuparmi perché metto in piazza i miei rodimenti di culo.

Una volta, quando uno sbroccava, magari in mezzo alla pubblica via, tra la gente, i passanti e i passeggini, insomma, quando uno usciva fuori di testa per cinque secondi le persone lo prendevano in benevolenza. Una pacca sulle spalle, un rassicurante “su… su… non faccia così” e passavano i cinque minuti. Qualcun altro magari ti guardava triste, e pensava tra sè e sè “poverino… chissà cosa gli è successo”, o meglio ancora “… ha ragione… avessi anche io il coraggio…”.

La gente, quella normale, quella che non è imbullonata alla propria poltrona di potere non si cura di chi sbrocca. Meglio, non se ne cura se non si arriva alla violenza. Lo sfogo è una valvola benefica: “lo accetto da te perché prima o poi capita anche a me”.

Ma il potere non lo può sopportare. E domani, magari per caso, se mi dovesse capitare di citare un pezzo di intercettazione, la frase di una escort, o quella di un “faccendiere” (ma che cazzo vuol dire “faccendiere”!?!), dovrò preoccuparmi… perché a incazzarsi potrebbe essere un politico… e potrei rischiare il carcere perché 3 anni fa, in Algeria, ho iniziato a scrivere i miei rodimenti su un pezzo di carta elettronico.

Berlusconi, il conflitto di interessi e la crisi attuale

21 settembre 2011 § Lascia un commento

La storia è fatta di banalità che vanno ripetute, anche a costo di sentirsi le contumelie dei benpensanti: qualche anno fa il tema del conflitto di interessi era all’ordine del giorno, oggi anche la sinistra fa finta che non ci sia, perché non paga politicamente o perché si sente responsabile di non averlo risolto quando poteva.

Eppure dobbiamo tornarci. Il conflitto di interesse si porta dietro un’equazione drammatica:

Controllo dei media = Maggiori introiti =
Maggior peso Elettorale = Controllo del partito

Berlusconi ha sempre avuto tante, troppe leve per assoggettare le persone elette in parlamento. Ha troppi soldi, quindi paga, per sè e per gli altri le campagne elettorali. Ha il controllo dei media e quindi indirizza troppo facilmente l’opinione pubblica: le sue tv sono un’arma potentissima, riescono a ridurre in briciole tanto i suoi nemici quanto i suoi amici.

La macchina del fango è un esempio di questo: Fini esce dal partito, immediatamente dopo viene distrutto personalmente e politicamente. In tempi ordinari è successo anche di peggio: il centrosinistra è in vantaggio di 5 punti, alle elezioni Berlusconi li recupera praticamente tutti e costringe il Governo Prodi a vivacchiare. Per non parlare della discesa in campo.

Di fronte a questo strapotere come dovrebbero reagire gli uomini di Berlusconi: obbediscono! Nel 2001 B., in un discorso alla camera per una votazione di fiducia lo disse chiarmente: le elezioni le pagava lui, quindi non tollerava nessun dissenso, altrimenti tutti a casa. I berluscones sono figli di nessuno e la loro mediocrità è imbarazzante. Basta pensare a Frattini: un maestro di sci che non parla neppure inglese messo a fare il Ministro degli Esteri. Soggetti insignificanti che vivono di luce riflessa. Personaggi che mai e poi mai darebbero torto al capo: provate a pensare quanti uomini, coordinatori, portavoce, capigruppo, sono attualmente scomparsi, sostituiti da vallette e comprimari, servitori supini ed ex-prostitute!!! Troppi! Evidentemente Berlusconi ha imparato dalla storia: mai accumulare troppo potere negli altri, altrimenti va a finire come con il fascismo!

Una volta che il parlamento è pieno di servitori supini, non possiamo certo aspettarci che qualcuno metta fuori gioco Berlusconi, che lo sfiduci, lo mandi a casa. Non possiamo nemmeno aspettarci che lo prenda da parte e gli spieghi che ha suprato il Paese. Peggio: un parlamento servile non pensa ai mali del Paese, pensa agli interessi del Capo, poco importa se poi non ce più nulla da salvare, o è troppo tardi. Ieri Gian Antonio Stella ricordava che nel 2005 (non 20 anni fa) Berlusconi invitava ad investire in Bielorussia e non in Cina… Quale dei grandi maggiordomi del PDL ha gli strumenti culturali per contraddire una simile boiata?

Insomma: in un Parlamento di nominati, di buoi acquistati al mercato e portati a tirare l’aratro del Boss, non c’è spazio per l’Italia… ed è un risultato nefasto del conflitto di interessi.

E intanto il Paese sprofonda… e non di vede luce in fondo al tunnel.

Iniziativa antifascista

16 settembre 2011 § Lascia un commento

Mentre l’Europa si riempie di svastiche e di movimenti neofascisti, l’Italia è forse l’unico paese occidentale in cui i neofascisti sono entrati dalla porta principale e non restano a guardare alla finestra. Il Movimento Sociale un tempo e oggi la Lega sono due forze sostanzialmente neofasciste che siedono, da 17 anni, ininterrottamente al governo, facendo legge il loro pensiero xenofobo, razzista e liberticida.

Eppure non ce lo potremmo permettere! Siamo stati gli inventori del movimento. Per 20 anni lo abbiamo tollerato fino a quando non ci ha portati in guerra. Abbiamo sopportato tutto, dalle leggi liberticide a quelle fascistissime a quelle raziali, fino all’alleanza con Hitler. Già, il baffuto tedesco: considerava Mussolini una guida, un punto di riferimento, il suo padre putativo.

E allora? In Germania del nazismo non si può neppure parlare. Non hanno avuto movimenti di resistenza, i tedeschi, e sono stati costretti a lavarsi nella vergogna delle loro responsabilità: ne sono usciti migliori, più forti, seriamente democratici. Noi ci siamo lavati la bocca con il pannicello insanguinato dei nostri partigiani sulle montagne, come se il sacrificio di pochi uomini cancellasse la responsabilità collettiva della nazione.

No! Non ci possiamo permettere di essere neofascisti. Né direttamente, né sotto mentite spoglie (come la Lega). Dobbiamo fare anche noi il nostro esame di coscienza.

E allora ho voluto lanciare una piccola iniziativa. Una rete di blogger antifascisti. Con tanto di bannerino (in vari formati) da pubblicare sul proprio spazio.

Li trovate nella pagina dedicata:

 

Se aderite pubblicatelo… e spero che siate in tanti!
(se poi lo fate, fatemelo sapere)

Quanto ci è costato il delitto di Avetrana

15 settembre 2011 § Lascia un commento

Il 26 agosto 2010 moriva Sara Scazzi. Il delitto di Avetrana ci consente di quantificare quanto ci costa interessarci di marginali, per quanto drammatici, fatti di cronaca, al posto di approfondire seriamente le tematiche economiche e affrontare, per tempo, i problemi del nostro Paese.

Ovviamente si tratta di un esercizio di stile. Però i dati parlano chiaro:

  • A Luglio 2010 il debito pubblico era a 1.838 miliardi di Euro (e cresceva, già al tempo, del 4,7% rispetto al luglio precedente)
  • A Luglio 2011 il debito pubblico è arrivato a 1.911 miliardi (ancora un 4% in più rispetto all’anno precedente)

Cosa sarebbe successo se, al posto di parlare di Zio Michele, avessimo acceso i riflettori su una crisi che era già in atto???

    • A Luglio 2011 il tasso di disoccupazione giovanile è salito al 27,6% (+0,8% rispetto all’anno prima)
    • La variazione è drammatica se confrontata al 2007: +7,9%

Che cosa sarebbe successo se i giornalisti, al posto di accettare di trasformarsi in mezzi di distrazione di massa, avessero messo alle strette un Governo che, fino a prima dell’estate, diceva che la crisi “non esisteva”? Quale sarebbe stato il peso dell’Opinione Pubblica se fosse stata correttamente informata??? Quanto pesa il potere del monopolista televisivo su questa distorsione della realtà?

Scriveva Repubblica il 25 novembre 2010, con toni

che sembrano neutri, ma che sappiamo drammatici: «Resta altissima la copertura mediatica sull’ inchiesta in corso sul delitto di Sarah Scazzi. Anche ieri numerose trasmissioni si sono occupate del delitto della ragazzina di Avetrana con collegamenti in diretta da Taranto e dibattiti in studio, con esperti e giornalisti. Ieri sera è tornato l’ appuntamento con Matrix, condotto da Alessio Vinci su Canale 5. Ventiquattro ore prima, invece, sul caso Scazzi si era registrata una nuova puntata di Porta a Porta di Bruno Vespa. Affollate anche le finestre dedicate all’ informazione nei programmi del pomeriggio targati Rai e Mediaset. Ieri nuovi collegamenti da Taranto de “la vita in diretta” e di “Pomeriggio sul Due”. Mentre dall’ ammiraglia Mediaset si replicava dagli studi di ” Pomeriggio cinque”. Da settimane sul caso Scazzi sono puntate anche le telecamere dei contenitori della domenica pomeriggio. La straordinaria attenzione dei media ha fatto lievitare l’ interesse degli italiani per il brutale delitto avvenuto nella cittadina del Salento.»

La situazione era così assurda che il Comitato per l’applicazione del codice di autoregolamentazione in materia di rappresentazione di vicende giudiziarie nelle trasmissioni radiotelevisive (AG.COM), il 9 dicembre 2010 si rivolgeva così alla Federazione Nazionale della Stampa:  «il Comitato formula l’auspicio che l’informazione in materia di vicende giudiziarie si attenga ai principi deontologici di novità, essenzialità e correttezza che caratterizzano la professione giornalistica, evitando, in assenza di aggiornamenti sostanziali delle  notizie, di alimentare gratuitamente l’interesse e l’ansia del pubblico attraverso continui annunci ad effetto di nuovi scoop, talvolta non esistenti nella realtà.»

Eppure, non ostante la raccomandazione, tra ottobre 2010 e febbraio 2011 erano stati messi in onda 867 servizi sul delitto di Avetrana (in media, quasi 6 servizi al giorno in cinque mesi).

E non era la prima volta:

      • omicidio Kercher (nov. 2007): 941 servizi
      • caso Garlasco (ago. 2007): 759 servizi
      • rapimento e uccisione del piccolo Tommaso Onofri 531 servizi
      • caso Cogne(gen. 2002): 508 servizi;
      •  l’omicidio di Erba: 499  servizi.

Per la prima volta la crisi ci consente di quantificare quanto costa la mancanza di libertà di informazione e il controllo delle risorse Televisive: in un anno ci è costato 73 miliardi di Euro. Dovremmo chiedere a Minzolini se ce ne rimborsa una parte.

Tommaso David: da fascista a neofascista

2 settembre 2011 § Lascia un commento

La storia del nostro Paese passa anche sulle gambe di personaggi ambigui e sinistri che hanno traghettato la mentalità fascista all’interno del sistema democrativo.

In guerra

Tommaso David è uno di questi. Nato ad Esperia, in provincia di Frosinone nel 1875. Dal 1896 entra volontario nella Regia Marina ed inizia una brillante carriera militare. Combatte nella Guerra Italo-Turca (1911-12) e al termine del conflitto lo ritroviamo maestro d’armi all’accademia navale di Livorno. Quando è già quarantenne combatte nella prima guerra mondiale e conquista la prima medaglia, di bronzo, al valore militare a Palazzato. Viene promosso sottotenente e alla fine della guerra riprende la propria attività di maestro, questa volta a Gaeta e La Spezia. Dal 1921, su sua domanda, viene posto in ausiliaria, ma viene richiamato dalla riserva per la Guerra Italo Etiopica con il grado di 1° Capitano.

In Dalmazia

Un italianissimo Tommaso David, personaggio per tutte le stagioni che continua a girare per il mondo guardandolo da “dietro a un mirino” e nel frattempo ha il tempo di sposarsi e di diventare Podestà del comune di Casalvieri organizzando i fasci della Provincia di Frosinone. Fascistissimo il nostro, come si vedrà di seguito. Sta di fatto che, non si sa perché, dopo la guerra si ritira nella Dalmazia appena riconsegnata al patrio destino. Apre un allevamento di molluschi, qualcuno dice coadiuvato da un giapponese che gli insegna ad allevare le ostriche. Ed è in Dalmazia che lo insegue la guerra e con essa le follie che si porta dietro.

Meriterebbe un discorso a parte il ruolo giocato dalle forze dell’asse nella segmentazione etnica della Yugoslavia che tanti lutti ha portato al continente fino alla fine del XX secolo: basterebbe ricordare la cattolicizzazione forzata della Croazia, con la quale fu sradicata con violenza la presenza ortodossa (e non solo). Sta di fatto che nel momento in cui i partigiani comunisti di Tito iniziano le loro azioni in Yugoslavia inizia la lotta del tutti contro tutti: gli Ustasha croati iniziano a combattere contro i comunisti, ma non trovano un accordo con i Cetnici che a loro volta si schierano contro Ustasha e comunisti.

Gli italiani di Dalmazia soffiano sul fuoco e, su iniziativa del Col. Eugenio Morra fondano le “Milizie Volontarie Anti Comuniste” divise, a loro volta, tra MVAC “Zara” (Cattolici e Greco-Ortodossi) e MVAC “Dimara” (cetnici dei territori italiani). A loro volta le MVAC sono divise in BAC (Bande Anticomuniste): Tommaso David non resiste, alla tenera età di 68 anni si mette alla guida della 2a BAC “Novegradi”. Gli scritti di propaganda fascisti non mancano di ricordarne il valore e l’affetto che ricevette dai suoi commilitoni. Svolse parecchie azioni antipartigiane e in un aspro combattimento dalle parti di Sebenico (54 morti partigiani, 12 “dalmati”) venne ferito. Meriterà per questo una medaglia d’argento al valore militare (8 dicembre 1942).

Non ostante la ferita il suo impegno non si ferma, dopo l’8 settembre ’43 è a Zara: la città vive ore drammatiche, i militari italiani scappano, i civili sanno che sarà comunque la fine, se conquistata dai tedeschi sarà Croata, se dai partigiani Yugoslava, ma mai più italiana. David invece resiste, si porta in citta con la sua BAC e si mette a disposizione delle autorità per assicurare l’ordine pubblico e per continuare a svolgere azioni antipartigiane. In questo periodo il suo collegamento con le camicie nere e coi nazisti è continuo e costante: le operazioni che porta a termine sono sempre congiunte. La sua fede verso la Repubblica Sociale non vacilla nemmeno un minuto. E viene premiato.

Nella RSI, dopo l’8 settembre

Tornato in Italia la sua attività si fa ancor più febbrile, e, dal nostro punto di vista, ancor più sconvolgente. Mussolini lo mette a capo del “Gruppo Servizi Autonomi” dal 1943; dirige personalmente un servizio di controspionaggio sotto il nome di Dott. De Santis amministratore del Fantomatico “Allevamento Volpi Argentate” con sede a Milano, a Villa Hiche, in via Carlo Ravizza 51. Al suo servizio un gruppo di uomini e donne che si infileranno attraverso il fronte, forniti di soldi e risorse per alimentare le forze neofasciste al sud, stanare spie e farle ammazzare.

Le donne che lavorano per David sono tra le prime ad entrare nelle forze armate italiane attraverso il “Servizio Ausiliario Femminile” promosso da Pavolini. Le donne di David sono descritte come mantidi religiose, inviate oltre la linea del fronte per agganciare partigiani e soldati e consegnarli ai fascisti. Da quello che si legge in giro, il rapporto tra David e le sue ragazze corre sul crinale tra paternalismo e sottomissione erotica. Il bilancio delle operazioni non sembra essere positivo, tanti i ragazzi e le ragazze mandate a morire oltre il fronte, esaltati da un malinteso senso del dovere e passati per le armi dai servizi alleati e italiani non appena catturati.

Dopo l’8 settembre è in piedi un’organizzazione clandestina ideata da Kappler e Hass che prende il nome di “Rete Invasione e Sabotaggio” con la finalità di infiltrare agenti oltre la linea del fronte e soprattutto al sud. Le attività di David si inquadrano in questo contesto, tant’è vero che viene emesso un mandato di cattura che chiede “a tutti i veri italiani di voler segnalare il delinquente inserito nel presente numero per eventuale punizione per i suoi delitti: David Tommaso, fu Giuseppe, nato nel 1875, responsabile di omicidio, rapina aggravata, tradimento ed altri delitti, alias ‘dott. De Santis, alias commendatore D’Amato’, nominato ‘il Nostromo’ dal bagnasciuga [Mussolini]. Si qualifica caporeparto S.A. del servizio di spionaggio tedesco in Italia. Indirizo: Villa Hike, via Carlo Ravizza, 51, Milano. Connotati: altezza m. 1,83, corporatura grossa, capelli e occhi grigi, denti falsi”.

Accanto alla Banda David “Sabotatori Attentatori” attiva tra Milano e Roma tra il ’43 e il ’44 opereranno anche le SD tedesche di August Ludwig, i Nuotatori Paracadutisti del Gruppo Ceccacci della Xa MAS, le Squadre d’Azione Mussoliniana, ecc.

Dalle carte americane e inglesi desecretate, risulta che questo gruppo di persone opererà ben oltre la fine della guerra soprattutto al sud, dove si farà promotrice della reazione anticomunista. Pare accertata la linea di discendenza tra i soldati della Xa e la Banda Giuliano che insanguinerà la Sicilia con attacchi alle Camere del Lavoro fino ad arrivare alla Strage di Portella della Ginestra. Di sicuro, prima della fine della guerra, David finanzierà i fascisti di Salvatore Ferreri (alias “Fra Diavolo”) operante nei territori di nascita di David, sul monte Esperia, nel frosinate. E contemporaneamente invierà Vito Laginestra ad ammazzare gli agenti catturati dagli angloamericani che rischiavano di disvelare l’organizzazione nazifascista. Le carte americane vogliono sia Ferreri sia Laginestra protagonisti della gestazione della Banda Giuliano.

Dopo la guerra

Per l’ennesima volta, durante e dopo la guerra, David è in prima linea ed è organico alla struttura fascista e nazista di oppressione del nostro Paese. Gli ultimi “pettegolezzi” lo vogliono vicino al Duce  che gli avrebbe consegnato il proprio carteggio personale con Churchill. Narrano le figlie di David che l’ormai ex-primo ministro inglese avrebbe fatto diverse visite sul Garda per recuperarle. Vuole la leggenda che David abbia consegnato le carte a De Gasperi e che, per questo motivo, gli sia stata commutata in Oro la precedente medaglia d’Argento ottenuta a Zara (caso unico nella storia degli ex-gerarchi). Una parte di quell’oro era sicuramente un premio per i tanti favori fatti nella lotta anticomunista.

Quel che resta alla storia è che un personaggio troppo invischiato con il vecchio regime, che di certo lavorò attivamente per sabotare la nuova Italia, fu addirittura premiato dalle autorità Democratiche. Ma la storia della continuità tra regime fascista e repubblica italiana va ancora abbondantemente scritta: quel che è certo è che gli ex fascisti hanno, per troppo, troppo tempo, continuato ad inquinare la vita democratica di questo paese.

Tommaso David muore a Genova il 12 Novembre 1959, a 84 anni.

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