Crisi, debito e speculazione: una sintesi

10 agosto 2011 § Lascia un commento

Per riassumere i concetti espressi nei miei due precedenti post (O la borsa o la vita e Bisogna pagare il debito?) ho tentato una sintesi grafica della spirale della follia innestata, indifferentemente, dalla speculazione, dall’attuale meccanismo del debito e dalla messa in campo di politiche neoliberali.

Interazione tra debito, speculazione, deregulation e applicazione delle politiche neoliberali.

O a tutti o a nessuno…

8 agosto 2011 § 1 Commento

La Nazione si raccoglie oggi in religiosa attesa della riunione del Consiglio dei Ministri nella quale Tremonti chiarirà chi dovrà pagare la manovra che ci è stata imposta per evitare la catasfrofe finanziaria. La suspence sta tutta nel capire quali e quanti sacrifici ci si richiederanno, dove, per “ci” intendo i soliti noti, ovvero i cittadini affetti da un’inguaribile sindrome dell’ortolano.

Stamattina è iniziata la battaglia ideologica e non poteva essere altrimenti: Sacconi ha già anticipato che quale che sia la riforma del mercato del lavoro che sarà messa in atto, essa ricalcherà le indicazioni del prof. Marco Biagi. Ovviamente, il riferimento al giuslavorista ucciso dalle BR equivale a dire: «state attenti!!! se vi opponete siete come le BR». Poco importa che Sacconi non abbia letto mezza riga di quello che scriveva Biagi.

Nel frattempo il Corriere (salvo pubblicare il solito ottimo articolo di Rizzo e Stella) ha avviato il tito al bersaglio sulle pensioni. Il tono è simile a quello del chirurgo che sta per amputarti una gamba: «Lo so! fa male ma non si può fare altrimenti».

Già nelle scorse settimane, infine, Tremonti & Co. avevano annunciato l’eliminazione di qualsivoglia agevolazione fiscale. Anche quelle poche che consentivano di risparmiare qualche lira sulla salute o sull’educazione dei figli. Per non parlare dei minimi sgravi che si davano alle imprese per investire un po’.

Insomma. Facciamo il punto: a chi tocca? Tocca a chi lavora. E basta. Non una parola sui privilegi. E non parlo della Casta perché siam stanchi e perché ne viene giusto qualche spicciolo. Faccio un elenco (incomleto) delle categorie che potrebbero pagare adesso per quello che non hanno dato mai:

  • Gli ordini professionali iperprotetti (i notai, gli avvocati, gli architetti, i dentisti, ecc.), per i quali potrebbe essere anche l’ora di liberalizzare del tutto la professione per dare accesso ai ragazzi con una laurea in tasca;
  • Gli sciacalli palazzinari nelle nostre città; quelli che hanno come professione il giro delle case alla fine del mese per riscuotere gli affitti;
  • Le grandi fortune finanziarie, quelle che non producono un posto di lavoro che è uno e che si alimentano standosene comodamente seduti a casa a sniffare cocaina;
  • La chiesa Cattolica, alla quale paghiamo praticamente tutto, dal restauro delle chiese, allo stipendio dei parroci, alle ore di religione; la Chiesa Cattolica che non paga l’ICI nemmeno sugli alberghi;
  • Gli evasori che hanno riportato i soldi in italia con il regalo di Tremonti: sappiamo chi sono, sappiamo dove sono, dobbiamo solo espropriarne le fortune che nulla hanno dato alle casse dello Stato;
  • Gli evasori tout court, che qualunque cittadino saprebbe stanare in cinque minuti.

Ovviamente l’elenco è incompleto. Si potrebbe completarlo e mandarlo a Tremonti prima del pomeriggio. Chissà che non ci faccia una pensata.

E ovviamente, parallelamente, si potrebbero iniziare ad innalzare le barricate. Perché in Europa siamo gli unici ad essere in ferie da una vita…

Bisogna pagare il debito?

4 agosto 2011 § Lascia un commento

Da qualche tempo nei circuiti alternativi della stampa internazionale si parla di un tema scottante, e come al solito se ne parla in un’ottica sconosciuta al ristretto panorama delle riflessioni italiane. Il tema, importantissimo, è: il debito pubblico. La domanda che si pone da più parti è la seguente: bisogna pagare il debito?

L’analisi condotta sulla storia del debito, sull’articolazione delle leggi internazionali in materia, sulle opportunità politiche connesse ai pagamenti del debito, sulle conseguenze che il pagamento comporta sulle politiche sociali porta a rispondere un No articolato a questa domanda. Risposta che qui nella penisola non si è mai sentita.

Quali sono i presupposti di questo NO e perché non dovremmo temerlo? Provo a riassumere nella speranza di riuscire a produrre un po’ di letteratura nei prossimi giorni:

  1. Perché dal punto di vista delle politiche del debito quest’ultimo è diventato effettivamente insostenibile solo da quando le istituzioni finanziarie internazionali (FMI, Banca Mondiale, Unione Europea, ecc.) si sono svincolate del tutto dalla politica; in quel momento il potere tecnico di queste istituzioni ha eliminato la capacità dello stato di gestire in maniera flessibile la politica monetaria. Prova ne sia che gli Stati Uniti, che questa politica la controllano per intero, possono indebitarsi per legge senza dover rendere conto a nessuno.
  2. Perché il debito è finito in tutto o in parte in mano a speculatori internazionali, soggetti assolutamente fuori controllo che nella maggior parte dei casi vogliono un ritorno immediato dell’investimento e che strozzano, di conseguenza, le politiche sociali. Tale ordine mentale ed economico è necessariamente estraneo alla lungimiranza necessaria di un governo politico.
  3. Perché, fino a qualche tempo fa, la politica era sempre più potente della speculazione: nell’era mercantile e per secoli, se uno Stato aveva un indebitamento eccessivo semplicemente cessava i pagamenti e, quando le cose buttavano male, eliminavano “fisicamente” i soggetti presso i quali il debito era stato contratto. Ci fu un momento in cui i Medici, i Fugger, i dogi veneziani semplicemente non furono più pagati, con buona pace della carta bollata (sarebbe stato complicato per Firenze invadere la Francia…).
  4. Dal punto 3 ne deriva un altro, fondamentale. Il debitore e il creditore sono strettamente legati e lo sono al crescere dell’indebitamento e del ruolo del debitore. Se l’Italia o la Spagna non resitituissero il debito andrebbero a gambe all’aria parecchie banche ed istituiti di credito perché i debiti di tali Stati sono enormi anche per una banca multinazionale.
  5. Perché, se le politiche restitittive necessarie al pagamento del debito stritolano lo stato sociale e costringono ad un impoverimento collettivo e, di conseguenza, al mancato rispetto del patto sociale stesso, scattano una serie di norme internazionali che, semplicemente, considerano il debito illegittimo. Illegittimo per legge. Sembrerà strano ma è così: secondo le Nazioni Unite se il pagamento del debito elimina i diritti umani sono i secondi a prevalere e non il primo.
  6. Perché le politiche di pagamento del debito creano un circolo vizioso recessivo che aumentano il debito stesso e riducono la possibilità di pagarlo. É quello che accade ad un’azienda che cade in mano agli strozzini. Di norma fallisce.
  7. Perché, e mi rifaccio al punto 6, se sei caduto in mano agli strozzini non metti le mani al portafogli, ma chiami la Polizia e fai arrestare lo strozzino. Semplice, mi sembra.

Ovviamente la questione non è così semplice e c’è debito e debito. Di norma il debito al piccolo risparmiatore va rimesso. Quello verso gli speculatori non va annullato, ma va semplicemente dilazionato e reso più sopportabile.

La conseguenza è che, eliminati gli interessi sul debito l’economia ne riceve un’immediata iniezione di liquidità che consente di far ripartire la macchina e… di pagare il debito dilazionato con più tranquillità. Alla fine della guerra Inglesi ed Americani erano fortemente indebitati, ma potendo gestire la svalutazione monetaria e con una crescita economica sostenuta, pagarono cifre risibili rispetto all’incidenza percentuale del debito di guerra contratto. Se ne deduce che già l’eliminazione dei vincoli imposti dal neoliberismo imperante sarebbero una panacea. Ma anche la semplice dilazione risolve parecchie questioni: Argentina e Bolivia, dopo il crack, decisero di dilazionare. Con la sola dilazione l’Argentina è cresciuta dell’8% annuo. E non c’è stato il temuto effetto caos che tutti paventano.

Non basta? Siamo davvero così pazzi da pagare sull’unghia?
… continua …

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