Roma, 15 Ottobre 2011: violenza e ambiguità del movimento

21 ottobre 2011 § Lascia un commento

Pubblico (volutamente senza citare la vonte) lo stralcio di una newsletter che arriva da un piccolo ed agguerrito centro sociale della capitale. Lascio a voi valutare il carico di ambiguità che contiene [i grassetti sono miei]:

«Doveva essere un corteo di massa che finiva con il solito comizio dei soliti politicanti, è stato altro.
Una generazione che ora si affaccia alla vita una generazione che non ha niente da sperare da questi politicanti che appestano le nostre vite ha preso
la parola, una parola che può essere capita solo da chi parla il loro linguaggio e vive il loro mondo. Una generazione che ha trasformato l’indignazione in collera.
Un grande gruppo, che è andato crescendo fino ad contare migliaia di persone ha colpito simboli del capitale e dello stato. Ancora più persone poi hanno resistito all’attacco indiscriminato delle FDO a piazza San Giovanni.
[…].
Rifiutiamo ogni logica divisoria, criminalizzatoria e demonizzante all’interno dei manifestanti; quello che i nostri occhi, e quelli di migliaia di persone hanno potuto vedere, è uno scenario ben diverso di quello che ci viene dipinto. Voglia di lottare e determinazione a non subire passivamente per l’ennesima volta la cieca violenza di Stato sono stati un patrimonio di una parte corposa del corteo.
Se c’è un responsabile per quanto è successo, questo è unicamente il capitalismo che costringe milioni di uomini e donne nell’oppressione e nello sfruttamento e a condizioni di vita sempre più inumane.
Un nuovo strato sociale si sta facendo avanti. Dannat@ della terra di ogni età che fortunatamente si rendono conto dell’inconsistenza ai fini di un reale cambiamento sociale delle proposte e dei metodi di gran parte di gruppi, associazioni e movimenti che da parecchio tempo soffocano le lotte utilizzandole per i loro tornaconti personali, di potere ed economici. E che, allora, decidono di fare in proprio, autonomamente, partendo da loro stessi e determinando tempi e luoghi della lotta. La crisi della rappresentanza e della politica non tocca solamente i grandi partiti ma anche il movimento la domanda è chi rappresenta queste persone? Siamo sicuri che si vogliano far rappresentare da qualcosa o qualcuno? Ecco che allora i posti di lavoro, le scuole, i territori diventano i luoghi da cui ripartire per confrontarsi e organizzarsi con tali soggetti per costruire collettivamente percorsi di lotta , che sappiano andare oltre la rivolta episodica per ritrovarci in sempre più persone sul sentiero che porta ad un mondo di liberi ed uguali.»

Come si noterà manca e continua a mancare una forma di condanna della violenza. A questo punto faccio qualche domanda anche a loro:

  1. sono abbastanza cinico da sapere che la rivoluzione non è un pranzo di gala, ma mi domando, che rivoluzione è quella di 300 persone su 200.000? a me è sembrato solo lo sfogo di soggetti repressi, altro che “lotta”…
  2. visto il linguaggio della lettera (ancora i riferimenti a categorie fritte che risalgono agli anni ’70 del XX secolo, ancora una verbosità noiosa e vuota, ancora la puzza stantia di soggetti che non hanno nulla da dire al popolo, quello vero) come pensiamo di coinvolgere la gente? davvero si spera che il solito pistolotto contro il capitalismo infiammi l’anima di un poveraccio senza stipendio? o di un pensionato disperato?
  3. visto che la lettera sembra frutto di gente avvezza all’analisi… a quando un’analisi seria sul fallimento (globale) dei metodi violenti nel rovesciamento del potere? i metodi violenti funzionano solo se lautamente finanziati…
  4. e più in generale… quando la smetteremo di nasconderci dietro ad un dito, e condanneremo senza tentennamenti qualunque forma di violenza idiota?

L’Europa brucia… e noi da che parte stiamo?

9 agosto 2011 § Lascia un commento

La rivolta di Londra è già stata etichettata come opera di una teppaglia impazzita. Probabilmente, lì come in Francia, quella situazione produrrà un nuovo Sarkozy. La criminalizzazione paga, tanto e subito: chiusi nelle nostre vecchie corazze borghesi temiamo lo scatto d’ira del diverso che, in quanto tale, deve starsene al suo posto e attendere. Non si capisce bene cosà però.

La rivolta di Londra assomiglia molto a quella di Tunisia ed Egitto. Come nei paesi del nord Africa, a rivoltarsi sono giovani generazioni senza speranza, macinate continuamente in un sistema a doppio flusso: quello superiore destinato ai bianchi, che possono arrivare ai livelli più alti del sistema attraverso le loro business school, i patrimoni accumulati e il colore della pelle; quello inferiore è riservato, se va bene, alle carriere impiegatizie ed operaie, ai call center e ai pony express, ai commessi di KFC e di MacDonalds. A Londra come a Tunisi un sistema falsamente inclusivo paga per anni un’istruzione alle giovani generazioni, le fa crescere nel mito del proprio progresso personale e poi, al momento opportuno, li mettono in attesa, rimcitrullendoli davanti alla tv via cavo, o via satellite, alla playstation e ai cibi surgelati in stupidi sobborghi grigi.

Sono anni che si rileva che i centri città stanno invecchiando, perché la speculazione edilizia ha fatto crescere in maniera esorbitante gli affitti e i mutui, ha “rivalutato” a fini commerciali i centri e riservato ai dormitori di periferia le coppie giovani, gli immigrati e i pensionati poveri. Così le periferie si caricano di odio, di odio proprio verso quelle merci alle quali la bellezza dei centri città è stata consacrata.

Ti dicono: “Studia, aspetta”, poi ti dicono “accetta questo lavoretto, aspetta”, poi ti dicono “intanto vai in affitto, aspetta”, poi ti dicono “viaggia un po’, divertiti, non ti fare una famiglia, aspetta”. Ma quanto si può aspettare? Non è un caso che gli slogan, un po’ in tutto il mondo, parlino di “fretta”. Quanto dura, davvero, la vita di un uomo? A 23 anni se va bene sei quasi laureato, ma non basta. Ti serve un master e un altro paio di anni. Se ti va bene inizi a lavorare, ma ti devi sacrificare e così arrivi a 30 che non hai nulla in mano. A quell’età il tuo mutuo costa di più e i figli costano di più e la salute costa di più. E intanto hai aspettato… per cosa? cosa c’è in fondo alla coda di migliaia di giovani che “aspettano”? Di norma un lavoro precario pagato male, una casa di periferia un po’ messa male e di proprietà di un altro, un compagno o una compagna che non hanno più voglia di aspettare: in fondo alla coda c’è la nevrosi di una generazione.

E allora i londinesi non vogliono più aspettare, come tutti i giovani del mondo.

Notti londinesi

9 agosto 2011 § Lascia un commento

http://www.corriere.it/esteri/11_agosto_09/londra-scontri-ovunque_83b30186-c247-11e0-80c8-eb6607a7b6a7.shtml

“Che roba contessa, all’industria di Aldo
han fatto uno sciopero quei quattro ignoranti;
volevano avere i salari aumentati,
gridavano, pensi, di esser sfruttati.
E quando è arrivata la polizia
quei pazzi straccioni han gridato più forte,
di sangue han sporcato il cortile e le porte,
chissa quanto tempo ci vorrà per pulire…”.

Dove sono?

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