Da Lavoce.info: Un grande Bazooka per la BCE

21 novembre 2011 § 2 commenti

Rilancio un articolo che fa il paio con quello appena pubblicato e con alcune riflessioni precedentemente espresse.

È stato pubblicato stamattina (21/11/11) da Andra Terzi su lavoce.info.

«I titoli di Stato sono quanto di più vicino alla moneta di Stato. E solo la Banca centrale europea può salvare la moneta europea. Con un’operazione d’acquisto dei titoli di Stato in euro che annullerebbe ogni spread. È definito il grande bazooka. Vi si oppongono strenuamente i banchieri centrali tedeschi con argomenti di scarso fondamento. Nuove regole sulle decisioni fiscali dei paesi membri della stessa area monetaria sono auspicabili e inevitabili. Non sembra invece un atteggiamento prudente quello di insistere sulle regole quando si è vicini al collasso.»

Io sono convinto che anche questo sia solo una parte del problema, e che toccherà intervenire radicalmente sul meccanismo del debito:

Ciò non ostante vi invito a leggere il seguito.

Se proprio volete licenziare, prima, proviamo a gestire meglio

31 ottobre 2011 § Lascia un commento

Si fa un gran parlare della necessità di accelerare le modalità di licenziamento in Italia. Il nostro sistema economico sarebbe ingessato, guarda caso, da quanti lavorano con un contratto a tempo indeterminato.

A parte il fatto che la maggior parte dei lavoratori italiani non godono di tutele da questo punto di vista, occorrerebbe fare un po’ d’ordine su quanto succede in giro per il mondo nel momento in cui si cucinano ricette di precarietà per il mondo del lavoro. Non mi riferisco agli ammortizzatori sociali, dei quali anche i politicanti della pseudo sinistra sembrano essersi ricordati, ma delle misure che consentono ai lavoratori di intervenire nei meccanismi vitali dell’azienda per evitare i licenziamenti “per speculazione”.

Anche ieri uno come Matteo Renzi ha ribadito il concetto che, per evitare lo scontro generazionale tra gli iperprecari in ingresso e gli iperprotetti in uscita, occorrerebbe equiparare, verso il basso, i diritti dei lavoratori. Oltre a ricordare a Renzi che dovrebbe essere di sinistra e che le sue ricette sono ampiamente fallite nel corso degli ultimi 20 anni (si veda l’Inghilterra che ha ormai venduto la sua ultima fabbrica), bisognerebbe fargli presente che i modelli, in giro per il mondo, sono tanti, e che non è da folli guardare più lontano.

Premetto che non sono contrario ad un sistema più equilibrato di diritti. E vada per sistemi di protezione più estesi che consentono ai lavoratori di resistere ai licenziamenti (reddito di cittadinanza, formazione continua, ecc.). Io però, se proprio devo, guarderei alla Germania, perché mi faccio sempre un po’ di domande:

  • chi decide che un’azienda è in crisi?
  • chi decide che la crisi è determinata dal mercato e non dalla speculazione degli imprenditori?
  • chi decide che a pagare siano gli operai e non i comportamenti illeciti degli imprenditori?

In Germania e in Scandinavia la questione è stata risolta facendo entrare i rappresentanti dei lavoratori nei consigli di amministrazione. Così facendo si è fatto in modo che i lavoratori controllassero l’operato degli azionisti, così da evitare che gli imprenditori utilizzassero i licenziamenti per coprire le proprie mancanze.

In Italia il processo potrebbe essere questo:

  • ripenalizzazione seria del reato di falso in bilancio
  • nuove regole che limitino la speculazione finanziaria
  • sostegno alle ristrutturazioni aziendali, alla ricerca, all’internazionalizzazione e alla formazione
  • ingresso dei lavoratori nei consigli di amministrazione
  • norme che favoriscano la trasformazione in cooperative delle aziende in caso di dichiarazione di crisi da parte degli azionisti

Sostanzialmente il concetto è il seguente:

  • prima ti controllo
  • verifico che fai il tuo dovere di imprenditore,
  • evito che tu faccia speculazioni e falsi in bilancio,
  • evito che tu spenda i soldi dell’azienda per fare speculazioni immobiliari o per comperare qualche SUV in più,
  • successivamente provo a spingerti verso la ricerca e l’innovazione,
  • pretendo formazione e gestione seria delle competenze,
  • provo a suggerirti di esplorare qualche nuovo mercato 
  • poi, se proprio arriva la crisi, pretendo che
    • prima mi sia data la possibilità di autogestirmi
    • e poi, se proprio non c’è niente da fare, mi faccio licenziare.

In Germania fanno (quasi) così. E crescono il doppio rispetto a noi. Norme sul licenziamento facile, in un Italia che nel XXI secolo produce ancora, miopemente, tondini di ferro, sarebbero solamente un autorizzazione alla macelleria sociale.

L’Europa bicefala e i conti che non tornano

24 ottobre 2011 § 2 commenti

Ieri Sarkozy e la Merkel ridacchiavano del nostro paese. Dal secondo dopoguerra la Francia e Germania sono considerate le due facce buone del vecchio continente, si configurano come le nazioni che determinano, nel bene e nel male, la direzione che prenderà la politica comune. Solo la protervia di De Gaulle era riuscita a spezzare questo asse.

Oggi questo asse è cementificato dalla necessità: le banche tedesche e francesi sono piene di titoli tossici dei paesi PIIGS (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna) e i rispettivi premier non possono fare altro che cercare un modo per evitare il proprio (e, di conseguenza, l’altrui) tracollo finanziario.

Da nessuno dei due, però, e arrivata una minima ammissione di colpa in merito all’azione espansionistica indiscriminata dei propri istituti di credito. E neppure si è mai sentito un’accenno alla necessità di contrarre le politiche sociali al fine di dare basi più solide al proprio sistema economico. Insomma: si chiedono agli altri sacrifici che non si intendono imporre al proprio paese. E nel frattempo ci si allena alla politica dello scherno, che al di là dell’opportunità personale, rischia di essere deleteria proprio dal punto di vista della credibilità delle due potenze.

L’Europa era nata da un atto di umiltà dopo una guerra sanguinosa. Oggi rischia di essere uccisa da atti idioti di superiorità che non portano da nessuna parte, perché nella storia dell’Unione Europea ogni passo avanti collettivo è arrivato in corrispondenza con un passo indietro delle singole Nazioni, perché ogni avanzamento ha visto coinvolti, ad un livello di parità politica, tutti gli attori coinvolti.

La Merkel su Berlusconi (fake)

20 settembre 2011 § Lascia un commento

Falso ma veramente ben fatto…

 

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