Berlusconi, il conflitto di interessi e la crisi attuale

21 settembre 2011 § Lascia un commento

La storia è fatta di banalità che vanno ripetute, anche a costo di sentirsi le contumelie dei benpensanti: qualche anno fa il tema del conflitto di interessi era all’ordine del giorno, oggi anche la sinistra fa finta che non ci sia, perché non paga politicamente o perché si sente responsabile di non averlo risolto quando poteva.

Eppure dobbiamo tornarci. Il conflitto di interesse si porta dietro un’equazione drammatica:

Controllo dei media = Maggiori introiti =
Maggior peso Elettorale = Controllo del partito

Berlusconi ha sempre avuto tante, troppe leve per assoggettare le persone elette in parlamento. Ha troppi soldi, quindi paga, per sè e per gli altri le campagne elettorali. Ha il controllo dei media e quindi indirizza troppo facilmente l’opinione pubblica: le sue tv sono un’arma potentissima, riescono a ridurre in briciole tanto i suoi nemici quanto i suoi amici.

La macchina del fango è un esempio di questo: Fini esce dal partito, immediatamente dopo viene distrutto personalmente e politicamente. In tempi ordinari è successo anche di peggio: il centrosinistra è in vantaggio di 5 punti, alle elezioni Berlusconi li recupera praticamente tutti e costringe il Governo Prodi a vivacchiare. Per non parlare della discesa in campo.

Di fronte a questo strapotere come dovrebbero reagire gli uomini di Berlusconi: obbediscono! Nel 2001 B., in un discorso alla camera per una votazione di fiducia lo disse chiarmente: le elezioni le pagava lui, quindi non tollerava nessun dissenso, altrimenti tutti a casa. I berluscones sono figli di nessuno e la loro mediocrità è imbarazzante. Basta pensare a Frattini: un maestro di sci che non parla neppure inglese messo a fare il Ministro degli Esteri. Soggetti insignificanti che vivono di luce riflessa. Personaggi che mai e poi mai darebbero torto al capo: provate a pensare quanti uomini, coordinatori, portavoce, capigruppo, sono attualmente scomparsi, sostituiti da vallette e comprimari, servitori supini ed ex-prostitute!!! Troppi! Evidentemente Berlusconi ha imparato dalla storia: mai accumulare troppo potere negli altri, altrimenti va a finire come con il fascismo!

Una volta che il parlamento è pieno di servitori supini, non possiamo certo aspettarci che qualcuno metta fuori gioco Berlusconi, che lo sfiduci, lo mandi a casa. Non possiamo nemmeno aspettarci che lo prenda da parte e gli spieghi che ha suprato il Paese. Peggio: un parlamento servile non pensa ai mali del Paese, pensa agli interessi del Capo, poco importa se poi non ce più nulla da salvare, o è troppo tardi. Ieri Gian Antonio Stella ricordava che nel 2005 (non 20 anni fa) Berlusconi invitava ad investire in Bielorussia e non in Cina… Quale dei grandi maggiordomi del PDL ha gli strumenti culturali per contraddire una simile boiata?

Insomma: in un Parlamento di nominati, di buoi acquistati al mercato e portati a tirare l’aratro del Boss, non c’è spazio per l’Italia… ed è un risultato nefasto del conflitto di interessi.

E intanto il Paese sprofonda… e non di vede luce in fondo al tunnel.

Quanto ci è costato il delitto di Avetrana

15 settembre 2011 § Lascia un commento

Il 26 agosto 2010 moriva Sara Scazzi. Il delitto di Avetrana ci consente di quantificare quanto ci costa interessarci di marginali, per quanto drammatici, fatti di cronaca, al posto di approfondire seriamente le tematiche economiche e affrontare, per tempo, i problemi del nostro Paese.

Ovviamente si tratta di un esercizio di stile. Però i dati parlano chiaro:

  • A Luglio 2010 il debito pubblico era a 1.838 miliardi di Euro (e cresceva, già al tempo, del 4,7% rispetto al luglio precedente)
  • A Luglio 2011 il debito pubblico è arrivato a 1.911 miliardi (ancora un 4% in più rispetto all’anno precedente)

Cosa sarebbe successo se, al posto di parlare di Zio Michele, avessimo acceso i riflettori su una crisi che era già in atto???

    • A Luglio 2011 il tasso di disoccupazione giovanile è salito al 27,6% (+0,8% rispetto all’anno prima)
    • La variazione è drammatica se confrontata al 2007: +7,9%

Che cosa sarebbe successo se i giornalisti, al posto di accettare di trasformarsi in mezzi di distrazione di massa, avessero messo alle strette un Governo che, fino a prima dell’estate, diceva che la crisi “non esisteva”? Quale sarebbe stato il peso dell’Opinione Pubblica se fosse stata correttamente informata??? Quanto pesa il potere del monopolista televisivo su questa distorsione della realtà?

Scriveva Repubblica il 25 novembre 2010, con toni

che sembrano neutri, ma che sappiamo drammatici: «Resta altissima la copertura mediatica sull’ inchiesta in corso sul delitto di Sarah Scazzi. Anche ieri numerose trasmissioni si sono occupate del delitto della ragazzina di Avetrana con collegamenti in diretta da Taranto e dibattiti in studio, con esperti e giornalisti. Ieri sera è tornato l’ appuntamento con Matrix, condotto da Alessio Vinci su Canale 5. Ventiquattro ore prima, invece, sul caso Scazzi si era registrata una nuova puntata di Porta a Porta di Bruno Vespa. Affollate anche le finestre dedicate all’ informazione nei programmi del pomeriggio targati Rai e Mediaset. Ieri nuovi collegamenti da Taranto de “la vita in diretta” e di “Pomeriggio sul Due”. Mentre dall’ ammiraglia Mediaset si replicava dagli studi di ” Pomeriggio cinque”. Da settimane sul caso Scazzi sono puntate anche le telecamere dei contenitori della domenica pomeriggio. La straordinaria attenzione dei media ha fatto lievitare l’ interesse degli italiani per il brutale delitto avvenuto nella cittadina del Salento.»

La situazione era così assurda che il Comitato per l’applicazione del codice di autoregolamentazione in materia di rappresentazione di vicende giudiziarie nelle trasmissioni radiotelevisive (AG.COM), il 9 dicembre 2010 si rivolgeva così alla Federazione Nazionale della Stampa:  «il Comitato formula l’auspicio che l’informazione in materia di vicende giudiziarie si attenga ai principi deontologici di novità, essenzialità e correttezza che caratterizzano la professione giornalistica, evitando, in assenza di aggiornamenti sostanziali delle  notizie, di alimentare gratuitamente l’interesse e l’ansia del pubblico attraverso continui annunci ad effetto di nuovi scoop, talvolta non esistenti nella realtà.»

Eppure, non ostante la raccomandazione, tra ottobre 2010 e febbraio 2011 erano stati messi in onda 867 servizi sul delitto di Avetrana (in media, quasi 6 servizi al giorno in cinque mesi).

E non era la prima volta:

      • omicidio Kercher (nov. 2007): 941 servizi
      • caso Garlasco (ago. 2007): 759 servizi
      • rapimento e uccisione del piccolo Tommaso Onofri 531 servizi
      • caso Cogne(gen. 2002): 508 servizi;
      •  l’omicidio di Erba: 499  servizi.

Per la prima volta la crisi ci consente di quantificare quanto costa la mancanza di libertà di informazione e il controllo delle risorse Televisive: in un anno ci è costato 73 miliardi di Euro. Dovremmo chiedere a Minzolini se ce ne rimborsa una parte.

Il Clima

16 dicembre 2009 § Lascia un commento

Uno dei principi dello stato, in tutte le sue forme, è l’esercizio centralizzato della violenza. Violenza che viene, di conseguenza, accentrata nello stato e vietata ai cittadini nella risoluzione dei conflitti. Ne deriva una pacificazione dei rapporti individuali a favore della convivenza delle persone e del mantenimento dell’ordine. In sostanza lo Stato si riserva di punire e sanzionare “al posto del” cittadino comune.
Ma che stato è quello dove la violenza viene unilateralmente esercitata? Che stato è quello nel quale la violenza, comunque agita da soggetti singoli nell’espletamento delle proprie funzioni collettive, non è regolata?
I vecchi socialisti avrebbero risposto che è uno stato da abbattere. E forse siamo in questo stato di cose.
Sono anni che si ripetono episodi di violenza, fisica e morale, sui cittadini e sulle loro libertà, sulle associazioni, come sullle loro manifestazioni.

Violenza era quella di Genova, che ha visto le nostre forze dell’ordine macchiarsi di tali e tante infamie da essere considerate simili a quelle dei peggiori paesi dittatoriali del mondo. Violenza in strada, contro i manifestanti pacifici e contro quelli violenti, violenza quella a Bolzaneto, contro ragazzi inginocchiati e costretti a cantare cori fascisti, violenza quella alla Diaz, di notte, senza preavviso.
Violenza è quella esercitata ogni giorno sugli immigrati, per i quali sono state fatte “leggi speciali” per considerarne illegale la semplice esistenza. Violenza nei CPT dove sono rinchiusi senza processo, violenza nelle carceri che ne sono pieni, violenza per strada, dove sono perquisiti e fermati in violazione di qualunque stato di diritto.
Violenza è stata quella contro Sandri, contro Cucchi, contro Giuliani, sparati in faccia, uccisi di botte, violentati nella loro dignità di cittadini, più o meno santi, più o meno innocenti.
Violenza è quella che si ripete ad ogni manifestazione, contro manifestanti pacifici, quella che impedisce di passare da una strada anziché da un’altra, quella che impedisce di indire uno sciopero un giorno piuttosto ché in un altro, quello delle manganellate da dietro gli scudi e sotto i caschi, dei volti dei poliziotti infervorati come cani ringhiosi verso gente che ha perso il lavoro, i diritti, spesso la stessa vita.

Ma violenza è anche quella che fa sì che il 90% dei mezzi di comunicazione di massa, quelli che parlano a tutti indistintamente, siano controllati da un unico soggetto. E’ subdola, questa violenza, perché riduce gli avversari allo stato di impotenza, perché li umilia, perché rende vano qualunque sforzo di ribaltare un risultato elettorale. E’ una violenza che si esercita di giorno, quando tutti lavorano, e a casa rimangono le persone più vulnerabili, attraverso trasmissioni di finto intrattenimento.

Violenza è quella di uno stato con la testa a nord e il culo a sud, che costringe centinaia di ragazzi a fuggire dalla connivenza, dall’immobilismo, dalle mafie, dalle raccomandazioni, dalla miseria per arricchiere gli industriali di una zona già ricca e già efficiente.

Violenza è quella di un mercato del lavoro che costruisce giorno dopo giorno la precarietà, che ha dirottato tutti i diritti sui padroni, e i doveri, e la miseria, e le difficoltà sui lavoratori.

Violenza è quella di riforme su riforme che hanno privato un’intera generazione dei diritti elementari, al lavoro, alla previdenza, alla pensione, alle più elmentari protezioni sociali, che li ha spinti ad emigrare, all’estero se possibile, per cercare di costruire un futuro. Un meccanismo antico, pervicace, radicato nella nostra terra dove se non sei brigante sei emigrante.

Violenza è quella di una maggioranza che guarda con fastidio a qualunque organo di garanzia, qualunque contrappeso, che considera il parlamento un bivacco di manipoli, come ottant’anni fa.

Violenza è quella dei conservatori del nostro paese, che con la scusa di conservare l’ordine non hanno esitato a fare esplodere le bombe per le strade, ad uccidere chiunque si frapponesse al suo incedere inarrestabile. Conservatori che hanno partorito i mostri della prima repubblica e l’hanno poi rimpiazzata con la seconda, peggiore, se possibile. Uomini che non accettano di essere soppiantati al potere, che hanno fatto di tutto perché non ci fosse mai alternativa in questo paese immobile.

E allora di che ci meravigliamo? La corda è tesa da tempo. Chi si sente escluso lo è e non vede uscita dal tunnel. Le disparità troppe, i rimedi nessuno.
Chi ha armato la mano di Milano?

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